Che ci sia la crisi ormai non è una novità. Ed allora noi vogliamo provare a parlare di chi guarda oltre e di chi studia ricette per dare il proprio personale contributo per uscirne.
Vogliamo raccontarvi la storia e l’avventura di Elisabetta Armellin, una giovane donna piena di serietà e di contagioso, dirompente, genuino entusiasmo. Una donna che crede in ciò che fa e che ci ha colpito con la sua pulizia e con la sua voglia di fare. Elisabetta ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Venezia cullando sogni che allora non sapeva come avrebbe realizzato.
Sul suo sito racconta che in quei giorni a Venezia cercava ispirazione passeggiando tra le calli: tra le quattro cifre che indicavano il civico dell’atelier di pittura dove si recava quotidianamente c’erano il numero 7 ed il numero 3, che rappresentano anche l’anno di nascita di Elisabetta, nonché un numero spesso ricorrente nella sua vita. E così è nato il marchio V°73, azienda tutta italiana che produce borse.
A nostro avviso sono state tre le intuizioni forti di Elisabetta.
La prima intuizione è stata quella di rendere un po’ più raggiungibile un sogno che per molte è inavvicinabile: possedere una Birkin di Hermès. La borsa creata da Elisabetta è in canvas e riporta l’immagine della celebre creatura di casa Hermès attraverso una stampa effetto pelle bottalata: il risultato è una sorta di trompe l’oeil che fa risaltare la stampa con un effetto quasi tridimensionale. Le rifiniture sono in pelle di vacchetta mentre i dettagli sono tutti in metallo silver: c’è un lucchetto, ci sono dei charms smaltati che raffigurano il logo distintivo del marchio e ci sono i piedini di metallo alla base.
La borsa è molto capiente, adatta sia da portare in città che come compagna di viaggio o magari per un’escursione al mare: non stupitevi quindi se quest’estate vedrete spuntare in spiaggia tante Birkin o meglio tante V°73. L’interno della borsa è dotato di sei utilissime tasche di cui due chiuse con zip, ornate da tiralampo col numero 7 e col numero 3. L’ultimo dettaglio è un piccolo tocco di classe: all’interno di una delle tasche trova posto una mantellina trasparente in pvc, quindi in caso di pioggia è sufficiente tirarla fuori e coprire la borsa che così non si bagnerà! Lo stile italiano si riconosce anche da piccole cose come questa.
E non crediate che la borsa faccia “vorrei ma non posso”: non si tratta di un’imitazione, ma di una citazione e di un omaggio, divertente ed ironico quanto basta. Non ci meraviglieremmo se chi ha già una borsa Hermès scegliesse di affiancarle una V°73.
La seconda intuizione è stata la differenziazione, non sui modelli ma bensì sul colore: Elisabetta non ha creato tante borse magari in pochi colori, ma una sola borsa in tanti colori. Fedele a se stessa ma con brio, insomma. La prima collezione è stata così declinata in una gamma di ben sedici colori.
La terza intuizione ci riporta alla crisi, alla difficoltà ed ai possibili modi di rispondere: il plus di Elisabetta è stato quello di far sì che il suo progetto fosse in un certo senso condiviso. In due modi: il suo staff è tutto al femminile; parte del prezzo che si paga per l’acquisto della borsa viene devoluto alla LILT, Lega Italiana Lotta Tumori, Sezione di Treviso per il progetto Stella Polare a sostegno delle giovani donne operate al seno. Pensiamo che sia così che si guarda al futuro, creando nuove opportunità per tutti, in termini di lavoro ed in termini di speranza.
Un’altra cosa interessante è che la borsa è diventata famosa senza alcuna campagna pubblicitaria classica: il successo si deve esclusivamente al passaparola in rete, dapprima tra le appassionate e poi via via ad attirare sempre più l’attenzione della stampa, fino ad essere eletta la it-bag 2012 da molti quotidiani e riviste, tra i quali il Corriere della Sera ed Amica.
Dopo tanto successo, ora Elisabetta presenta la nuova collezione autunno-inverno 2012-13. Il concetto di base resta invariato: un unico modello declinato in tante varianti. Perché come dice Elisabetta “il vero lusso è la libertà di cambiare rimanendo sempre noi stesse”.
La borsa viene quindi declinata in tre temi chiave: Travel, Classic e Chic. Continua la ricerca nel campo dei colori per quanto riguarda le stampe e viene introdotta una grande novità: il canvas non è più neutro ma grigio ardesia.
Il tema Travel si racconta da solo: è un omaggio a quattro luoghi amati dall’imprenditrice – New York, Tokyo, Venezia e Londra – realizzato attraverso la stampa delle bandiere dei rispettivi Paesi con charms in nickel invecchiato. Il tema Chic è ironico e gioca col tipo di stampa: la scelta è tra effetto struzzo o pitone, ognuno declinato in quattro varianti di colore con charms in metallo dorato. Ed infine c’è il tema Classic che è una conferma dell’idea alla base della prima linea sviluppata: i colori sono otto, la fodera è in panno rosso mentre le minuterie in metallo restano silver. Confermata anche la pelle di vacchetta, stavolta declinata in grigio antracite come il canvas ed aggiunta anche sui manici.
V°73 è un modello brevettato e registrato in tutto il mondo. Sappiamo che esistono altri marchi che fanno borse che possono sembrare simili ed abbiamo letto polemiche poco interessanti. A noi piace toccare e testare con le nostre mani ed i nostri occhi ed abbiamo scelto di presentarvi V°73 per tutti i motivi elencati sopra.
Elisabetta avrebbe potuto portare la sua creatività su molte strade e chissà, magari in futuro potrebbe decidere di dedicarsi anche ad altri accessori: questo è un nostro pensiero in libertà, senza nessun fondamento concreto. Eppure a noi piace che si sia concentrata proprio sulle borse. Ci piace perché la borsa si porta vicino al corpo ed in particolare vicino al cuore e non per terra come capita con le scarpe. Ci piace perché la borsa non divide le donne come fanno le scarpe: tacco sì, tacco no. E poi non fa male come invece sanno far male i tacchi!
Ci piace perché la borsa è democratica e clemente: non fa differenze, non ci mette davanti a problemi di taglia e non ci fa sentire inadeguate come quando non entriamo in una 40 – 42! Ci piace perché custodisce tutto il piccolo mondo che portiamo con noi ogni giorno ed a volte custodisce anche qualche segreto: ci fa sentire un po’ come Mary Poppins e ci accompagna come la coperta di Linus.
Insomma, se non si fosse capito… l’idea di Elisabetta ci piace, ci piace come l’ha sviluppata e le auguriamo che il suo ottimismo dilaghi a macchia d’olio portando in superficie altri talenti, altri sogni, altri progetti, altre idee.
Ringraziamo Elisabetta Armellin ed anche Luana e Sonia dell’Ufficio Stampa Domingo Communication per la loro gentilezza e grande disponibilità.
E. Pirre’, Milano, via Sirtori
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