Al Museo del Tessuto di Prato è stata inaugurata la prima mostra in Italia dedicata ad Ossie Clark e Celia Birtwell, con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana. Grazie al loro connubio hanno definito un immaginario e uno stile inconfondibile, il Flower Power, diventando un punto di riferimento nella Swinging London. Questa collaborazione tra il Museo del Tessuto di Prato e la Fondazione Sozzani vuole raccontare – anche tramite l’allestimento espositivo progettato da Arianna Sarti – il percorso dei due creativi che hanno lavorato insieme completandosi in totale armonia.

Ossie Clark e Celia Birtwell


Mr & Mrs Clark, mostra curata da Federico Poletti, racconta l’abilità nel disegno di Celia, che sviluppava le stampe ispirate alla natura e alle avanguardie artistiche, mentre Ossie con la sua abilità nei tagli e nella modellistica dava vita ad abiti sensuali e femminili. La loro unione è stata immortalata da David Hockney nel celebre dipinto “Mr and Mrs Clark and Percy”, (realizzato tra il 1970-71, conservato alla Tate Britain di Londra), che rappresenta non solo un ritratto di due stilisti, ma anche un manifesto di una nuova classe creativa tra arte e moda. La mostra sviluppa e valorizza un importante nucleo di abiti disegnati dallo stilista londinese e provenienti dalla preziosa collezione di Massimo Cantini Parrini, dalla collezione privata di Lauren Lepire a Los Angeles, e dagli archivi di Celia Birtwell e dalla famiglia Clark.

Ossie Clark e Celia Birtwell


IL PERCORSO DELLA MOSTRA MR & MRS CLARK

La mostra si apre con la foto che vede Celia e Ossie abbracciati, un ritratto scattato dall’amico Norman Bain (1967), che sintetizza il loro connubio professionale e personale. Protagonista di questa prima sala è la grande proiezione con la video intervista a Celia Birtwell (classe 2 gennaio 1941, ancora attiva come textile designer) che racconta del primo incontro con Ossie al Royal College of Art di Manchester, complice l’amico e artista Mo McDermott, tramite cui Celia conoscerà anche David Hockney. E poi la collaborazione con Alice Pollock e il periodo di Quorum, boutique e punto di incontro di artisti e musicisti (da David Bailey, Rudolph Nureyev, David Gilmore dei Pink Floyd) fino alle incredibili performance con le modelle e muse Pattie Boyd e Amanda Lear. Sempre nello stesso spazio la prima parte è dedicata interamente alla figura di Ossie Clark, che già dai primi disegni di ammissione al Royal College of Art di Manchester del
1962 (esposti in mostra) rivela un precoce talento.

Ossie Clark e Celia Birtwell

On show anche i disegni con cui vince il concorso per la fabbrica di calzature ‘Down Shoes’ nel 1964, fino ai celebri sketch della tuta disegnata per Mick Jagger del 1973 in cui Ossie utilizza lo stesso approccio al design per l’uomo e la donna, superando i confini del genere. E per entrare nel suo iter creativo sono in mostra anche i suoi preziosi sketchbook, dai primi databili ai tempi del Royal College of Art Manchester (inizi Sessanta) fino a quelli del periodo d’oro (1968-69) dove
il segno di Ossie si fa più spigoloso e astratto, giocando sulle forme di abiti a vita alta, i botticelli dress, e i pantaloni svasati con pattern floreali, che diventeranno i must have dell’epoca. Questa sezione testimonia anche il suo interesse durante gli studi per la couture anni ’20 e ’30 francese e per le collezioni del Victoria & Albert Museum, dove si sofferma sull’abbigliamento degli anni prebellici della couture francese, tenendo come riferimento lo stile dei figurini della Gazette du bon ton. Così Clark sviluppa un grande interesse per Madeleine Vionnet e Charles James, che rafforzano in lui l’importanza del taglio e lo studio della silhouette. Due caratteristiche che lo hanno reso molto riconoscibile, unitamente alle stampe sviluppate dalla compagna Celia Birtwell.

Ossie Clark e Celia Birtwell

La seconda parte del percorso racconta il mondo artistico di Celia Birtwell, che si forma alla Salford Art School di Manchester. Si diploma in Textile Design trasferendosi presto a Londra nei primi anni Sessanta, dove produce i primi tessuti per arredamento in stile op-art. Anche lei resta colpita dalle mostre e collezioni del Victoria&Albert Museum, in particolare dai costumi di Leon Bakst e Sergej Djagilev per i Balletti Russi e dall’arte delle avanguardie storiche. Queste fantasie, unitamente all’amore del padre per la natura, rappresentano ispirazioni fondanti per il suo percorso. Lo stile di Celia – un mix di fiori e foglie stilizzate di botticelliana memoria – gioca sull’imprevedibilità degli accostamenti, a volte con elementi geometrici e riferimenti che spaziano dagli arazzi medievali inglesi al Cubismo e Pointillismo. Il punto di partenza per capire le sue stampe si trova guardando alle sue illustrazioni, conservate nei preziosi taccuini esposti e digitalizzati per l’occasione: un repertorio che testimonia l’ampiezza dei suoi riferimenti artistici. Sono esposti tre taccuini di Celia datati 1968 e 1970, che reca in copertina i nomi altrettanto fantasiosi dati alle stampe, che si possono rivedere realizzate sui 4 frame box dove sono i campioni tessili dell’epoca.

Nella sala grande è la parte dedicata ad alcuni straordinari fotografi che hanno distillato immagini di grande forza evocativa degli abiti di Ossie e Celia, come David Bailey (tra i primi a ritrarre lo stesso Ossie con la modella Chrissie Shrimpton, che indossava il suo abito con stampa artistica di Robert Indiana), Alfa Castaldi, Jim Lee (autore dell’immagine guida della mostra Plane crash del 1969), Sarah Moon, Norman Parkinson e Justin de Villeneuve. L’allestimento di questa sala prevede anche un corner dedicato al rapporto speciale tra Celia Birtwell e David Hockney. L’artista inizia a ritrarla già nel 1969 con i suoi abiti romantici a stampa floreale. Tra Celia e David nasce una grande amicizia che li porta a viaggiare in tutto il mondo, a volte insieme al fotografo Peter Schlesinger. Visitano Marrakech, San Francisco, la Francia e specialmente Parigi accomunati dal comune amore per l’arte e le mostre. In sala è presente la riproduzione di uno dei famosi dipinti di Hockney in cui Celia indossa un abito floreale presentato in mostra, unitamente a un campione di tessuto originale dell’epoca, stampato nel laboratorio Ivo Prints di Londra, manifattura che attirò l’élite della moda dell’epoca, come Biba, Celia Birtwell/Ossie Clark, Zandra Rhodes e altri. Dopo il doppio percorso su Ossie e Celia, si entra nel cuore della mostra con la
scenografica esposizione dei 40 look disposti su pedane in ordine cronologico, dal primo abito a pois del 1965 per arrivare alle creazioni del 1974, data che segna la loro ultima collezione: da quel momento le strade di Ossie e Celia si dividono per continuare in modo autonomo. Sono stati selezionati i capi con i pattern divenuti cult, dalla Lamborghini Suit del ’69 e il completo di ispirazione orientale (1968) indossato da Amanda Lear, il mini dress “aeroplane” ( del 1969 e fotografato da Jim Lee) e quello con stampa Monkey Puzzle, ispirato dai tappeti medievali; diversi gli abiti fluidi in chiffon e moss crepe con le stampe Candy flowers e Mystic Daisy (1970), Tulips (1972), tra cui anche i modelli con taglio a sbieco e l’abito floreale realizzato con la tecnica della stampa a riserva. Non mancano inoltre gli abiti con decorazione più astratta e geometrica, come quelli ispirati all’avanguardia russa e Kandinsky (1974) passando per i modelli dove è protagonista il color block, come il celebre abito “semaforo-traffic light” (1972) e altre creazioni della linea Ossie Clark/for Radley, che presentano solo stampe nella parte superiore. Una
rassegna davvero completa per comprendere lo stile, i materiali e la tecnica sviluppata da Ossie e Celia in questo cruciale decennio. Completano la sala i tavoli sospesi dove si possono vedere una serie di numeri di Vogue, che testimoniano il successo del brand, oltre alla grande proiezione con i video dei loro fashion show, come quello al Royal Court Theatre nel 1971 con il contributo musicale di David Gilmour, uno dei fondatori dei Pink Floyd.


Ultima parte da scoprire di questo ricco itinerario è il guardaroba che comprende 10 abiti di carta, che rappresenta l’espressione perfetta di quel senso di rinnovamento culturale e sociale che incalzava negli anni Sessanta e che divenne un fenomeno di massa che si diffuse negli Stati Uniti d’America e in Europa. Le giovani generazioni, tra il 1966 ed il 1969, divennero voraci consumatori di questi abiti bidimensionali, coloratissimi ed economici. L’abito di carta divenne presto uno strumento di merchandising in grado di veicolare lo stile della moda del momento, ma anche messaggi politici e culturali del tempo. Fu questo grande potenziale espressivo, che spinse molte aziende a collaborare con stilisti, tra cui lo stesso Ossie Clark, Paco Rabane, Pierre Cardin e Givency, e artisti, quali Andy Warhol e Herry Gordon per la progettazione e realizzazione degli abiti di carta. Ossie Clark, nel 1966, collaborò con Zika Ascher alla produzione dei primi abiti di carta, con stampe progettate da Celia Birtwell e stampati su un tessuto in cellulosa e cotone.
Questa piccola esposizione – un vero unicum – è stata resa possibile grazie a Massimo Cantini Parrini, che ha collezionato prima di tutti queste speciali creazioni, oggi diventate introvabili.


Il catalogo della mostra sarà presentato a fine ottobre e prevede i contributi di giornalisti ed
esperti tra cui Suzy Menkes, Antonio Mancinelli, Renata Molho, Cristina Giorgetti, Antonio Moscogiuri, Beatrice Manca, oltre ainterviste inedite con Amanda Lear e Celia Birtwell.

Ossie Clark e Celia Birtwell

Mr & Mrs Clark Ossie Clark and Celia Birtwell. Fashion and Prints 1965-74
Fondazione Museo del Tessuto di Prato e Fondazione Sozzani di Milano
Museo del Tessuto
dal 17 settembre 2022 al 8 gennaio 2023
Orario: 10-15 (da martedì a giovedì); 10-19 (venerdì, sabato) 15-19 (domenica) Chiusa lunedì
Museo del Tessuto, via Puccetti 3 – 59100 Prato
Ingresso: 10 €; ridotto 8€
info@museodeltessuto.it – www.museodeltessuto.it
Fondazione Sozzani
Inaugurazione Domenica 15 gennaio 2023
dal 16 gennaio al 10 aprile 2023
Fondazione Sozzani, Corso Como 10– 20154 Milano
galleria@fondazionesozzani.org – fondazionesozzani.org