L’opera belcantista ottocentesca dalla complessa architettura, che ha fatto conoscere fuori dell’ambito nazionale il bravissimo Donizzetti, è arrivata al Comunale di Firenze il 15 marzo. Le repliche il 18, 21 e 24 marzo.
Il publico in trepida attesa di un’opera mai data a Firenze in tempi storici, annunciata con costumi sfarzosi e una scenografia altamente tecnologica e di grande impatto dinamico, non è stato deluso. L’allestimento è lo stesso già utilizzato all’Arena di Verona e al teatro di Trieste.
Buona notizia in tempi di crisi, che il taglio di fondi sia controbilanciato da pratiche virtuose come condividere fra teatri diversi una produzione di un evento costoso come un’Opera, a manifestare forte volontà di mantenere in vita una delle più geniali espressioni della creatività italiana.
Una grande cantante come Mariella Devia è in grado di soddisfare le qualità specifiche richieste alla protagonista, ovvero l’arte della declamazione tragica, i nobili furori, l’intensità espressiva della coloratura, la delicata dolcezza. Gli altri ruoli sono stati affidati a Serena Farnocchia (nella recita del 24 marzo), Roberto Scandiuzzi, Sonia Ganassi, Shalva Mukeria. Dirige Roberto Abbado, regia di Graham Vick, costumi e scene di Paul Brown, Completano il cast José Maria Lo Monaco (Smeton), Konstantin Gorny (Lord Rochefort) e Luca Casalin (Sir Hervey).
Dice il regista, molto applaudito dal pubblico ed elogiato dai cantanti per la sua conoscenza della musica “ Ecco cosa m’interessa di Bolena: è una donna che ha deciso di essere regina e che per raggiungere il suo scopo ha rinunciato all’amore”. Il librettista, Felice Romani, aveva preso le distanze dalla veridicità storica dell’opera “L’autore del melodramma si è appigliato a una credenza … più acconcia ad un lavoro da rappresentarsi in teatro: per questo riflesso gli sia perdonato se in alcuna parte si discostò dall’istoria”.
Nei due atti dell’Anna Bolena si narrano amori ed intrighi di corte, ambientati nelle diverse stanze e nel parco del Castello di Windsor, fra Enrico VIII (1491 – 1547), sovrano della dinastia Tudor, e la seconda moglie Anna Bolena (1507- 1536), incoronata regina d’Inghilterra il 1 °giugno 1533. Siamo nell’ultimo anno di vita di Anna, che ormai il re non ama più , tanto da trovare pretesti (o ragioni?) per condannarla a morte. L’ultima scena è ambientata nelle prigioni di Londra. Un frammento di una storia ben più complessa, quella dei processi di costruzione dello Stato moderno, in pieno svolgimento in tutta Europa, anche se, in Inghilterra, con una connotazione più sconvolgente. Infatti, a seguito del matrimonio con Anna Bolena, nel 1534 avvenne lo scisma della Chiesa Anglicana, con l’Act of Supremacy e il Treasons Act che decretarono che il re è “l’unico Capo Supremo della Chiesa d’Inghilterra”. E fu per il re libertino più una ragione dinastica, l’aver generato solo una figlia femmina, che un nuovo amore all’origine del ripudio di Anna.
Ci piace elencare infine alcune delle parti dell’Opera più note al grande pubblico: la sinfonia iniziale, le arie (Deh non voler costringere, cantata da Smeton nel I atto; Come innocente giovane la cavatina di Anna del I atto, Per questa fiamma indomita, cantata da Giovanna nel II atto) ed anche il mirabile duetto di Anna e Giovanna, e la celebre scena della pazzia di Anna, nel secondo atto.
Anche il pubblico giovane ( cui Il Teatro Comunale offre, se in età minore di 26 anni, il biglietto a 10 euro) troverà grandi motivi di interesse, e non solo musicale, in una tormentata vicenda di donna combattuta fra intrighi e voglia di potere.
Lucia Evangelisti
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