Si è svolta la ventinovesima edizione del Chianti Classico Collection presso la Stazione Leopolda di Firenze dal 21 al 22 marzo. Leitmotiv delle due giornate di degustazione e tema dell’allestimento è stato il territorio del Chianti Classico e la sua suddivisione in Unità Geografiche volto a valorizzare le sue caratteristiche distintive. Ciò porterà ad indicare in etichetta (in una prima fase solo sui vini Chianti Gran Selezione) il nome del comune e della frazione, rafforzando la comunicazione del binomio vino-territorio: San Casciano, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, Gaiole, Castelnuovo Berardenga, Castellina, Vagliagli, San Donato in Poggio.
I numeri: 180 aziende, 650 etichette in degustazione di cui 161 Chianti Classico Riserva e 125 Gran Selezione, 39 i campioni in anteprima della vendemmia 2021. Gli Usa si confermano al primo posto per il consumo di Chianti Classico, a seguire Italia e Canada. Tra i mercati emergenti la Corea del Sud.
Anche per i produttori del Chianti Classico grande attenzione per sostenibilità e biologico.
Castello di Radda
Eleonora Maoddi
Per ciò che concerne la sostenibilità la cantina è in buona parte interrata, questo consente di risparmiare elettricità. E’ stato inoltre creato un laghetto per avere le acque per tutte le lavorazioni della cantina, inoltre esiste un progetto di impianto fotovoltaico “inizieremo a lavorarci dal prossimo anno per avere un 80% autoprodotta. Dal 2020 l’azienda è certificata biologica, abbiamo infatti due annate in commercio ed un altro anno usciremo con un Chianti Classico 2020 certificato al 100% biologico”. Il profondo rispetto del territorio porta ad avere una grande attenzione per il terreno ed in questa direzione sono stati costruiti terrazzamenti in modo da evitare i danni erosivi dell’acqua. Per ultimo da ricordare il progetto di regimentazione delle acque con la costruzione di canali per raccogliere le acque piovane che vengono confluite nel torrente Pesa.
Castello di Montesanto
Laura Bianchi (titolare)
Da circa sette mesi è iniziato un percorso di studio sulla sostenibilità ed è stato avviato un progetto di carbon neutrality che prevede anche LCA dell’azienda. “Entro giugno partiremo con il fotovoltaico, abbiamo cisterne di raccolta, ma il tutto è in fase di miglioramento. Non abbiamo un vino vegano certificato come tale ma sono tutti vegani perché i prodotti che utilizziamo in cantina non contengono derivati animali. Quando si parla di sostenibilità per noi è anche sostenibilità sociale, chi lavora in azienda vive il lavoro e le opportunità che noi come imprenditori possiamo dare. Ad esempio da più di 10 anni abbiamo dato casa gratuitamente a 6 famiglie extracomunitarie per poter portare in Italia la propria famiglia. Un progetto di aiuto e di sostegno alla comunità che lavora in azienda: dagli afghani, agli albanesi agli indiani. E’ una piccola comunità con culture diverse, alcune volte difficili da integrarsi, ma cerchiamo di creare un piccolo mondo”.
Tenuta Perano
Fabio Pepe enologo
“Ci siamo dotati di una caldaia a cippato con la quale riusciamo a riscaldare tutti gli ambienti della nostra osteria ed in più per il riscaldamento delle vasche in acciaio durante la fermentazione malolattica. Il cippato, composto da pezzetti di legno, arriva dalla nostra tenuta di Pomino in un’ottica di rinnovamento boschivo e di sostenibilità. Utilizziamo le risorse naturali che abbiamo nel gruppo Frescobaldi”. Per la sostenibilità sociale molto interessante il progetto Gorgona con il quale, attraverso dei contratti agricoli, sono stati assunti dei prigionieri che si trovano sull’isola della Gorgona. E’ un progetto sociale di inclusione, l’etichetta stessa si chiama Gorgona, ed anche di riscatto sociale.
Podere Capaccia
Alyson Morgan (enologa ed amministratrice)
“Non si usano pesticidi ed erbicidi, non siamo certificati come organici biologici ma in conversione dal prossimo anno. Abbiamo investito tanto negli attrezzi per eliminare le erbacce come per il trattore evitando il meno possibile per non compattare il terreno”.
Ruffino
Alessandro Ippolito (brand ambassador)
L’azienda ha iniziato il percorso di trasformazione in biologico dal 2019 entro il 2023 tutte le aziende di Ruffino saranno biologiche. Entro il 2025 Ruffino sarà anche certificato Bio Sostenibily Friendly perché l’obiettivo è di essere oltre le correnti e le mode. Inoltre entro il 2030 sarà totalmente Carbon free, quindi tutta l’energia arriverà dal solare o dall’idro elettrico. In Toscana già due tenute sono biologiche: Montalcino e Poggio Casciano. In Veneto oltre 150 ettari di prosecco biologico. “Tutte le nostre tenute hanno delle vasche per la fitodepurazione dell’acqua e riutilizzo della stessa, in questo modo siamo riusciti ad abbassare l’utilizzo dell’acqua per produrre una bottiglia di vino, e l’acqua in eccesso viene utilizzata o per irrigazione (in casi estremi) o donata al comune di Pontassieve. Stiamo lavorando anche sul riciclabile, tanti nostri vini hanno ormai il tappo stelvin soprattutto quelli che non necessitano di un lungo invecchiamento come il Chianti Bio. Le auto aziendali sono tutte elettriche mentre il commerciale utilizza l’ibrido perché l’elettrico non consente di coprire certe distanze. Per la raccolta lavoriamo anche con delle cooperative storiche perchè Ruffino ha degli standard molto stretti in tema di sicurezza e legalità. Molto spesso i lavoratori attuali sono di seconda generazione”. L’azienda è presente anche nel sociale con raccolte fondi a favore dell’ospedale Mayer, fondazione Miadi, attualmente impegnata con l’Unicef a favore dell’Ucraina con una somma che supera i 60 mila euro.
Ricasoli
Massimiliano Biagi (agronomo e direttore tecnico)
Per l’azienda la sostenibilità è una necessità ed una consapevolezza, un percorso iniziato già dal 2000. Ufficialmente certificati Equalitas quindi sostenibili dal 2020 come azienda ma in vigna dal 2019 anche se in realtà l’attività viticola è sempre stata rispettosa dell’ambiente. In vigna sono stati aboliti da oltre 10 anni il diserbo sotto fila ed anche inter fila, “non usiamo più la chimica nel suolo per noi è importante rispettare il terroir dei nostri vigneti per poi riportare in bottiglia un vino che rappresenti la nostra personalità. Per la difesa antiparassitaria utilizziamo dei modelli di SS, che sono dei modelli previsionali delle malattie, andiamo a trattare solo quando c’è bisogno. Abbiamo eliminato moltissime molecole che possono essere tossiche per ambiente ed uomo. A livello energetico contro lo spreco effettuiamo un monitoraggio soprattutto in cantina dei vari macchinari, abbiamo degli strumenti che ci permettono di valutare le performance”. A livello sociale vengono svolte delle attività in loco, il Castello di Brolio infatti è lontano dalle città ma attraverso attività come l’Agribar si permette alla popolazione locale di essere partecipe alla vita stessa dell’azienda. Si presta molta attenzione all’aspetto paesaggistico con diverse azioni: mantenimento dei muretti a secco, piantumazione di piante tipiche del territorio. Nell’azienda inoltre vivono molti dipendi extracomunitari che trovano alloggio gratuito nei diversi casolari, pagano solo le spese vive, e ciò ha permesso il ricongiungimento delle famiglie di origine.
Castello Vicchiomaggio
Vittoria Matta (commerciale, amministrativo)
“Abbiamo ottenuto la certificazione Viva nel 2021, una certificazione che va ad inglobare tutte le attività aziendali non solo quelle in vigna, ma anche in cantina, in agriturismo e nella ristorazione. Va a verificare quattro indicatori che sono: aria, vigneto, territorio ed ambiente. Si svolgono tutte quelle pratiche ad hoc come ad esempio il sovescio in vigna, le postazioni meteo per cercare di ridurre le attività in vigna, vasche per la raccolta delle acque piovane. Dal 2022 saranno utilizzate bottiglie più leggere da 440 grammi circa”.
E’ stata costituita l’associazione dei viticoltori di Greve in Chianti con lo scopo di dar vita ad attività atte a sostenere e promuovere il territorio. Il 7 ed 8 maggio ci sarà Tasting in Greve, una specie di Cantine Aperte.
Banfi
Michela Domenici (hospitality ed eventi)
Sostenibilità a 360 gradi. Dal punto di vista ambientale rispetto delle risorse idriche. Una tenuta di 950 ettari di vigneto, una delle aziende a corpo unico più grandi a livello nazionale, e forse internazionale, di proprietà privata. “Nel vigneto abbiamo drasticamente ridotto l’acqua utilizzata per l’irrigazione, dal vecchio procedimento di irrigazione a pioggia siamo passati all’irrigatore a gocciolatore, ogni pianta ha il suo, la quantità di acqua risparmiata è enorme. Abbiamo sei invasi per caduta. Per il lavaggio dei tubi di acciaio che portano i vini, per i pavimenti, per le cisterne abbiamo un sistema di griglie con una centrale di risalinizzazione e recupero fino all’85% dell’acqua utilizzata fin dagli esordi. Le bottiglie sono state ridotte fino ad 1/3 del peso da almeno 18 anni. Stiamo preparando un impianto di biomassa per la produzione di energia elettrica, attualmente il fotovoltaico basta solo per l’illuminazione della cantina vista la sua grandezza. Abbiamo ripopolamento di fagiani e lepri in azienda perché una parte è azienda faunistica venatoria e bosco”. A livello sociale è sempre impegnata nel rispetto e nell’aiuto della comunità che vive il territorio. Da 25 anni Banfi patrocina un evento che si chiama Jazz & Wine con il quale ne beneficia tutta l’economia dell’intero borgo. Nota finale: il 45% dell’azienda è formata da donne.
San Leonino a Castellina
Gaia Capitani (brand manager)
“La nostra è un’attitudine al sostenibile che da oltre 10 anni cerchiamo di mantenere, così come il rispetto del territorio e per tutti quelli che sono i livelli sociali ed economici di gestione di campagna e cantina. L’azienda è molto attiva nel sociale, a San Leonino abitano 4 famiglie che vivono e gestiscono per intero l’azienda, tre famiglie sono extracomunitarie e qui hanno trovato accoglienza ed hanno creato una comunità. Siamo molto attenti alla valorizzazione del territorio, chi passa da noi trova una grande cura. Gli stessi vigneti non sono stati piantati o progettati andando a stravolgere quelli che erano le normali pendenze del territorio, ma idealmente adagiati sui colli che li ospitano in maniera naturale”.
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