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Fiorucci: la Real Edition e Pocket / Concept store

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E’ cosa molto interessante quando un marchio ha la capacità di continuare a crescere, rinnovarsi ed accettare nuove sfide, pur rimanendo al tempo stesso fedele a se stesso e creando una continuità ed una riconoscibilità: Fiorucci è un brand che ha saputo percorrere questa strada con successo.

Il marchio Fiorucci nasce con l’imprinting della modernità: cambiamento ed evoluzione sono iscritti nel DNA di Elio Fiorucci. Il percorso di Elio inizia a soli 17 anni quando inizia a seguire l’attività paterna, ovvero un piccolo negozio di pantofole nel centro di Milano. Il suo primo negozio nasce nel 1967, in Galleria Passarella: è assolutamente rivoluzionario per i tempi e porta a Milano le novità di Londra e quelle statunitensi. All’inaugurazione è presente Adriano Celentano che si presenta su una Cadillac rossa. Nel 1970 il nome Fiorucci diventa un marchio con una propria produzione industriale, distribuita in Europa, Sud America e Giappone: il negozio di Milano diventa un punto d’incontro di quei giovani che si ribellano alle convenzioni. Nasce lo “Stile Fiorucci” e il concetto di lifestyle. Fiorucci adotta come marchio i due famosi angioletti, immagine vittoriana reinterpretata dall’architetto Italo Lupi.

Nel 1974 c’è altra apertura importante: viene inaugurato il secondo store di Milano in via Torino. La città vive una delle sue prime esperienze multisensoriali: il negozio vende abbigliamento, complementi d’arredo, libri e musica. Ci sono anche un ristorante, uno spazio per le performance ed un “antique market” per la vendita di abbigliamento usato.

Negli anni Fiorucci ha aperto tanti negozi all’estero tra i quali Londra, New York, Los Angeles alla cui inaugurazione è presente Andy Warhol, Parigi il cui party di lancio è animato da una Madonna agli esordi.

Altra caratteristica di Fiorucci è quella di accettare sfide in tutti i campi e di non temere la sperimentazione. Nel 1978 ha collaborato con Alfa Romeo per rinnovare la Giulietta facendo nascere una versione “vestita” Fiorucci. Nel 1987 viene lanciata la linea Junior Gaultier disegnata dallo stilista Jean Paul: 70 pezzi economici in un momento in cui nessuno osava ancora pensare alla moda come ad un fatto democratico. Nel 1999 Fiorucci disegna una serie di confezioni per i Baci Perugina.

A Fiorucci vengono dedicati libri, mostre in gallerie d’arte, serie di figurine prodotte dalla Panini. Il marchio ha un ruolo determinante nel successo irrefrenabile ed internazionale di articoli come t-shirt (è il primo marchio a pensare la maglietta bianca come spazio in cui inserire grafica e comunicazione), jeans (storica la collaborazione con la Wrangler) e shopping bag.

Seguono tante ed alterne vicende: nel 1990 il marchio viene acquistato dalla società giapponese Edwin International, azienda leader del jeans made in Japan. Il negozio di Galleria Passarella si propone con una nuova formula e diventa un “contenitore” per i marchi giovani e innovativi. Nel 2001 Elio Fiorucci termina la collaborazione con l’azienda.

Oggi l’azienda torna a scommettere sulla vendita al dettaglio e sul monomarca ed inaugura un nuovo progetto con Ikea.

L’idea di Fiorucci è quella di tornare alle origini, tornando a ricreare spazi dove si incontrino fashion e lifestyle, concetti che hanno fatto la fortuna dei primi negozi. Il negozio non è inteso solo come spazio di vendita, ma anche come luogo in cui fare esperienze. Nei negozi monomarca il pubblico troverà tutti i prodotti del brand, dall’abbigliamento alle scarpe, dai profumi alla lingerie, dai costumi da bagno agli occhiali passando per le borse.

E per il lancio di questo nuovo progetto non poteva esistere collaborazione migliore che quella con Ikea, nome assolutamente adatto a creare spazi freschi, luminosi, giovani. Da questa collaborazione è nato l’allestimento degli interni, cool e democratici nella migliore tradizione di entrambi i marchi.

Il progetto prevede due tipologie di spazio vendita: il Pocket Store ed il Concept Store a seconda delle dimensioni degli spazi che sono rispettivamente più piccoli e più grandi. Il primo Fiorucci Pocket Store è stato inaugurato alla fine di marzo sull’Isola di Capri, seguito da un secondo punto vendita a Porto Sant’Elpidio. Dopo due ulteriori aperture di corner a Grosseto e Pompei, l’obiettivo dell’azienda è quello di raggiungere un totale di 20 aperture all’anno, mirando a coinvolgere i mercati dei Paesi Extra Europei, Russia, Medio Oriente ed Asia.

Cosa ci piace tanto in questa nuova sfida? Il fatto di voler offrire un prodotto di tendenza ed accessibile – da sempre cavallo di battaglia del marchio – insieme ad un alto standard qualitativo. Interessante anche l’idea di creare un mix di culture: l’ironia di Fiorucci ed il rigore del design nordico di Ikea.

Oltre al nuovo progetto retail, i capi del marchio restano sempre innovativi e di tendenza. Quattro i temi principali per la collezione donna: Dark Star, Soft Ice, Buffalo e la capsule collection Naomi. Quattro linee create per vestire i vari tipi di femminilità: Dark Star è dedicata alle donne rock, dark ma femminili; Soft Ice è pensata per donne più romantiche; Buffalo è il cuore casual e street del marchio con tanto blue jeans; ed infine c’è Naomi che esalta la silhouette femminile e che vede la collaborazione tra la Campbell e Fiorucci. Molto carine in questa linea sia le t-shirt che le borse, tutte stampate con disegni ironici e modaioli. Ad ogni modo la donna Fiorucci, che sia romantica, rock o casual è sempre ironica, giocosa e spiritosa: e questo ci piace!

Menzione speciale va dedicata alla collezione Real Edition, ovvero otto modelli di t-shirt con le stampe storiche del marchio, dai cuori agli angeli emblema. Geniale anche il packaging che d’altro canto ha sempre rivestito un ruolo importante in tutti i prodotti Fiorucci ed è sempre stato considerato un valore aggiunto: in questo caso la t-shirt viene presentata in una scatola da pizza. Chi scrive conserva ancora le scatole di metallo dove erano vendute le t-shirt alla fine degli anni ’90.

Auguriamo grande successo a Fiorucci ed alla sua nuova scommessa. L’anticonformismo non serviva solo negli anni ’70, anzi troviamo che si torni ad averne un gran bisogno anche oggi.

Ringraziamo l’Ufficio Stampa Margarita P.R. per la gentilezza.

E. Pirre’, Milano

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