Lo immagino seduto sulla sua poltrona nello studiolo al secondo piano, appoggia un antico testo sulla sua scrivania e spostando lo sguardo dall’alto “domina” il suo museo. Soddisfatto guarda i busti dei suoi antenati ed emette un suono di parole incomprensibili, come se tra loro esistesse un dialogo mai interrotto, neanche dalla morte.
Si è lui. Proprio quel Don Gaetano Filangieri, principe di Satriano, che l’8 novembre del 1888 aprì a Napoli, nel quattrocentesco palazzo Como, il suo museo. Fece addirittura spostare la facciata del palazzo di circa 20 metri per evitarne la demolizione a seguito della costruzione di via Duomo. 6000 metri quadri per accogliere oltre 3000 pezzi d’arte tra dipinti, sculture, maioliche, porcellane e quanto di antico e di pregio esisteva nelle sue collezioni. Solimena, De Ribeira, Luca Giordano, Mattia Preti, Della Robbia, Jerace solo per citarne qualcuno. Armature, spade provenienti dalla Turchia, Cina e Giappone collezionate dal suo antenato Carlo Filangieri ministro della guerra durante il regno di Francesco II. Una biblioteca che contiene 30.000 volumi e quelle famose lettere tra Gaetano Filangieri, autore de “La Scienza della Legislazione”, e Benjamin Franklin. Il diritto alla felicità di ogni cittadino ispirò la costituzione americana.
Dopo 125 anni Don Gaetano guarda il suo museo e pensa alle tante vicessitudini. All’oblio dopo la sua morte, all’incendio durante la seconda guerra mondiale che distrusse molte opere, al restauro e riapertura negli anni ’70, la donazione al museo di Villa Livia (appartenuta alla pronipote Livia Serra duchessa di Cardinale) ai furti di opere, di nuovo la chiusura e finalmente la riapertura nel 2012.
Proprio qui ho avuto il piacere di conoscere Maria Pia Leonetti presidente dell’associazione “Salviamo il Museo Filangieri” che organizza e promuove eventi per raccogliere fondi per mantenere aperto questo piccolo gioiello. Da ultimo una asta di 51 opere donate da artisti importanti.
Mi aggiro con curiosità per queste sale, mi sento osservato: dall’alto i ritratti dei Principi Sanseverino e le due enormi tele di casa Di Sangro. E poi…salgo le scale di legno, che scricchiolano e producono quel rumore che sembra pura melodia. Salgo sul ballatoio. Il dipinto con i bambini che giocano su una carrozza trainata da due cani è favoloso.
Si susseguono le vetrine con tanti oggetti, molti da restaurare, e piano piano mi avvicino al cuore pulsante del museo: lo studio. La porta è aperta ma c’è una piccola balaustra di legno che ancora mi separa. La apro con quel rispetto dovuto ai luoghi sacri.
Davanti a me c’è lei, la scrivania del Principe dove troneggia un centro tavolo e due enormi candelabri dono di una regina di casa Savoia. Due abiti maestosi alla mia sinistra, i busti degli antenati Moncada e tantissimi libri. Cammino in questo piccolo ambiente quasi fuori dal tempo. Mi avvicino alla poltrona e guardo da lì l’enorme sala del museo, proprio come faceva Don Gaetano. Che emozione!
Mi sembra di sentire un sorriso. E’ il Principe. Sono immerso nel suo sogno, nel sogno di un museo che appartiene alla città ed a tutti i cittadini. Mi auguro che il sogno del Principe continui a lungo e che ognuno di Noi faccia qualcosa per mantenerlo vivo.
salviamoilmuseofilangieri.org