Il mondo dell’arte ‘coglie’ varie espressioni tra cui anche l’arte orafa e la pittura. Un binomio che stavolta è stato possibile ammirare in quel di Palazzo Panciatichi, a Firenze, grazie ai gioielli e monili dell’artista calabrese Gerardo Sacco e di Mattia Preti, importante pittore seicentesco, in occasione del quarto centenario della sua nascita, quest’ultimo capace di ingentilire con le sue tele le ampie sale fiorentine.
Sacco, buon crotonese, da sempre espone un artigianato particolare, districandosi sapientemente tra l’oro, argento e le pietre preziose. La sua è una terra calda, piccante, col suo bel mare che tanto ha ispirato anche nel passato ed egli, grazie al suo estro, forgia minuziosamente le sue opere. Opere che viaggiano ed hanno viaggiato in Italia e nel mondo, facendogli conferire significativi premi per la sua maestria. La Magna Grecia è ben presente nel suo cuore assieme ai suoi antichi silenzi, l’Oriente lo sublima, come del resto le fioriture impervie, barbare, selvagge, assieme a quei mercanti vociferanti che tanto colore danno all’amata regione.
Egli guarda, indaga, si applica con gran passione sino a plasmare magnifiche collezioni. Ci piacciono i monili della serie Mesi, Iride, Zodiaco, ma anche quei gioielli che prendono forme da paste vitree, con quei raffinati cammei e bouquet. Attinge anche all’artbresc, artigianato albanese per la particolarità che solo un occhio attento riesce a carpire, osservando però che il vero artigiano reinterpreta, mettendoci “anema e core!” Ha lavorato con vari registi: uno di questi è Zeffirelli che lo volle per “Il Giovane Toscanini” e successivamente per l’Amleto. Molte star cinematografiche gli hanno fatto da testimonial, qualche nome? Maria Grazia Cucinotta, Elisabeth Taylor, Claudia Cardinale.
Conosce bene Firenze, “culla d’arte”, città che è sempre stata generosa con lui. Ricorda Via San Gallo, quando ci veniva spesso con sua moglie: è contento d’esser ritornato, ha tante persone da abbracciare e riabbracciare e porge doverosi ringraziamenti al dr. Domenico Ammirati qual presidente del “Centro Studi Valdarno”, nonché all’avvocato Rodolfo Foti, presidente dell’associazione “Brutium, calabresi nel mondo”, che hanno organizzato lo splendido incontro.
Osserva che…”non amo gioielli seriali, bensì pezzi unici. La femminilità ha bisogno di pochi pezzi per esplodere nella sensualità. Bene abbinarli ad abiti di taglio lineare, essenziale…sobrio.”
Mattia Preti. Che stupore….lo chiamavano il Cavalier Calabrese. Le sue tele hanno molto di Caravaggio, anzi – osserva Mina Gregori – egli ha solamente allungato il filone, dando movimento con fenomeni creativi importanti. Nel suo genere è un gigante, è lui che chiede al “chiaro-scuro” di coabitare assieme, lui che insiste su una lingua pittorica nuova quale padre della storiografia moderna. Figura particolare – termina – Preti si isolava nelle sue idee ed è da considerarsi l’ultimo grande caravaggesco.”
Anche Ammirati, tra l’altro buon esperto d’arte, ne sottolinea il forte spessore…”Preti era un uomo profondamente attento, scrupoloso, una figura di maestro della sistematicità, si è sempre distinto alla ricerca di un nuovo ordine pittorico. Parlano le sue opere di un stile così sapiente, tanto da ‘viaggiare’ in lungo e largo: non a caso sono state esposte a La Valletta, al British Museum, a Taverna, suo luogo natìo e in altri luoghi importanti.. come lo è appunto Mattia Preti.”
C. Cavicchini
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