Accostare la moda a dei modelli produttivi eco-sostenibili sembrava, non troppo tempo fa, un miraggio. 

Oggi, seppure l’industria nel suo insieme sia ancora lontanissima (in particolare modo nel settore del fast-fashion) dal raggiungimento degli obbiettivi minimi in termini di sostenibilità, iniziano a distinguersi diversi brand che stanno facendo della svolta ambientale un marchio di fabbrica. 

È il caso di Moncler. Lo storico brand italiano di Remo Ruffini si è infatti guadagnato, per il terzo anno consecutivo, il primo posto nella classifica del Dow Jones “sustainability” per il settore “Textiles, apparel and luxury goods”. 

Un impegno, quello del brand, ulteriormente pubblicizzato dalla nuova linea “Born to Protect”, interamente realizzata con prodotti sostenibili, arrivando, secondo le stime, a una totale riduzione del 40% delle emissioni di diossido di carbonio. 

Il cambiamento climatico è stato ignorato davvero per troppo tempo. Nonostante i continui richiami degli esperti, la stragrande maggioranza delle industrie hanno continuato a posticipare cambiamenti strutturali necessari, un po’ come quando passiamo troppo tempo su internet a giocare virtualmente al nostro passatempo preferito posticipando per qualche ora “i doveri” su cui dovremmo concentrarci. 

Adesso sembra esserci un cambio di tendenza, con la speranza che questi brand virtuosi possano ulteriormente alzare il livello di attenzione nelle scelte dei consumatori, rendendo l’eco-fashion non più un’esclusiva di alcune sartorie di lusso

Ma quali sono gli altri brand che si stanno distinguendo in questo importante processo di sensibilizzazione? 

Stella McCartney

Quando si parla di moda sostenibile, il brand creato nel 2001 dalla figlia di Paul McCartney è sicuramente uno dei primi a venire in mente. 

Alla base della cultura del marchio, c’è proprio la volontà di ridiscutere lo stesso concetto di fashion, spiegando ai consumatori come un perfetto connubio tra alta moda e sostenibilità, non sia un miraggio ma, bensì, un obbiettivo concreto da raggiungere il prima possibile. 

Stella McCartney si serve nella sua produzione di diverse pratiche eco-sostenibili, tra cui l’utilizzo dell’Econyl (un tessuto ricavato dalle bottiglie di plastica riciclate) e la costante ricerca di nuove forme di finte pellicce sostenibili. 

Veja

Negli ultimi anni vi sarete sicuramente imbattuti in delle scarpe da tennis rese riconoscibili da un piuttosto vistoso logo a forma di lettera “V”.

Per i pochi che ancora non ne fossero al corrente, Veja è probabilmente la eco-sneaker più famosa del mondo e oggi, a circa 15 anni dalla sua fondazione, si appresta a lanciare la sfida a veri colossi del calibro di Nike e Adidas per la creazione di scarpe da performance sportiva realizzate interamente con prodotti sostenibili.

Levis 

Un altro brand capace di distinguersi in positivo nella ricerca di un modello di produzione più “green” è sicuramente Levis.

Negli ultimi anni non solo sono state ridotte le emissioni di gas serra del 25% ma, ancor più importante, è stata sviluppata una nuova tecnologia di produzione capace di dare lo stesso risultato con un utilizzo infinitesimale di acqua. Si chiama tecnica “Water<Less” e garantisce una riduzione dell’80% dei consumi.

Patagonia

Probabilmente il brand più famoso del globo per le escursioni è anche da diversi anni un vero e proprio faro nel mondo della moda sostenibile, basti pensare che le ultime collezioni sono state realizzate all’87% da prodotti riciclati e tramite l’utilizzo di cotone esclusivamente di origine organica. 

Ma non è tutto: tramite lo sviluppo del programma “Patagonia Fair Trade” il brand garantisce compensi dignitosi e assistenza ad oltre 64000 lavoratori. 

Ninety Percent

Nonostante sia sicuramente meno noto di quelli sopra citati, questo brand Londinese ha senza dubbio uno degli approcci più innovativi nei confronti della moda sostenibile. Il nome deriva dalla volontà delle due fondatrici di devolvere il 90% dei propri utili a delle fondazioni benefiche.

A colpire poi, è la scelta di creare pochissimi capi per ogni collezione, andando così a incentivare l’acquisto dei nuovi prodotti (come se fosse una perenne edizione limitata) e a minimizzare gli sprechi. 

Sprechi però che nonostante le migliori intenzioni sono spesso inevitabili in questo settore. Ed ecco quindi la soluzione: il lancio della linea “Waste not” interamente realizzata tramite il riutilizzo dei capi “avanzati” dalle collezioni precedenti.