Succede di percorrere la via Bolgherese e ad un tratto spuntano due container su un prato verde allestito con cuscini, tavoli e tappeti per l’aperitivo. La curiosità è al massimo. Benvenuti al Podere Arduino.
Questo luogo è un po’ come la Itaca di Costantino Kavafis ed i suoi protagonisti sono Fabrizio Bartoli e Martina Morelli.
Otto ettari di terreno baciati dal sole sotto l’influenza del mar Tirreno e delle colline Toscane. Lui geologo, ex triatleta è il proprietario del podere ereditato dal nonno Arduino (era il nome più semplice rispetto agli altri due), Lei laureata in Scienze motorie ed allenatrice di Ginnastica Artistica. Entrambi giovani, entrambi girano il globo terrestre, in lungo ed in largo, accumulando un bagaglio di esperienze, idee ed ispirazioni.
Succede che il destino decide di farli incontrare, sono giovani, pieni di entusiasmo e voglia di fare, si innamorano e decidono di realizzare un sogno in questo lembo di terra: un progetto che parte dalla natura e ritorna ad essa. E’ proprio Fabrizio, il fattore e chef, a farci da cicerone in questo angolo di paradiso denominato “Bolgheri Green”. Tutto parte dall’unire la tradizione agricola Toscana ad una cucina di alto livello, dove tutte le materie prime sono solo coltivate e raccolte nel Podere per poi essere trasformate nella vicina Osteria Ancestrale. Il rispetto del ciclo della natura qui è sacro. Ma procediamo per gradi.
Fabrizio ci racconta di aver scelto all’inizio la strada del biologico ma da circa due anni ha virato verso l’agricoltura organica rigenerativa, che per il terreno è qualcosa che va oltre il biologico perchè ha come scopo quello di rigenerare il suolo. “Una pianta è sana se vive in un ambiente sano e se viene da un terreno sano. L’agricoltura moderna non fa altro che azzerare il terreno, desertificarlo completamente e dargli gli imput solo di quello che bisogno una specifica pianta. Si vedono spesso campi senza erba, dal colore pallido da terra arida, lì viene aggiunto fertilizzante solo per una specifica pianta, quindi è un ambiente poco salubre, l’antitesi di quello che dovremmo fare in questo momento storico”.
Con l’organica rigenerativa si va a curare prima di tutto il terreno, lo si rende fertile autonomamente quasi come una foresta, si creano dei microclimi per ogni cultura. Le piante possono crescere bene da sole senza nessun fitofarmaco, senza niente di sintesi e non di sintesi, ed anche il rame o zolfi, tutte cose che vengono usate in agricoltura biologica, al Podere Arduino sono stati eliminati ormai da due anni. Per far questo sono stati impiantati filari di alberi ad alto fusto. Si tratta di qualcosa di anticonvenzionale. Avere delle piante in mezzo ad un campo dove si raccolgono ortaggi crea problemi da un punto di vista logistico, ad esempio per il passaggio del trattore. Ma proprio questi alberi invece tra qualche anno andranno a formare un cappello che proteggerà la parte sottostante dove vengono piantati gli ortaggi. Lo scopo è quello di avere, nella parte bassa, più umidità che crea un habitat più salubre dove si genera un humus come in una foresta.
Il trattore qui non viene più utilizzato perché va a schiacciare la terra con le ruote creando un cuscinetto molto duro, dove non passa aria ed ossigeno, e quindi si perde tutta quella biovita che invece esiste in un tappeto di humus. Afferma Fabrizio “Quello che mi preme è avere un terreno vivo, il più possibile aerato, tipo metodo Fukuoka ma questo andava bene per il Giappone e per dove viveva lui. Non annaffiava quasi mai, ma lì c’era una precipitazione abbondante. Lui lo faceva solo per se stesso che non è la stessa cosa per un’azienda che ha 200 persone per l’aperitivo e gente a pranzo e cena. Per Fukuoka era più un atteggiamento filosofico, ha messo le basi dell’organico rigenerativo, però va adattato al singolo posto”.
Per l’irrigazione il Podere Arduino utilizza i propri pozzi, e anno dopo anno tende ad irrigare sempre meno selezionando le piante più vigorose adatte ad una irrigazione più esigua possibile. Anche questo non è molto semplice perché si va verso un periodo molto caldo con poca umidità. Ogni anno vengono impiantate tra il 30%/40% di nuove piante per rimpiazzare quelle morte. Non vengono mai utilizzati i teli di plastica per le coperture perché c’è sempre un rinverdimento del terreno. La terra nuda ha il problema che perde umidità e quindi si inaridisce. Solo in inverno viene effettuato un allettamento con i teli. Si parte dal trinciare la parte verde della pianta, dopo la vegetazione, che viene lasciata sul terreno e si va ad inocularla con siero di latte, con pochissimo letame e coperto col telo. Sotto questo si ricrea un microclima che fa partire la fermentazione, viene disgregato tutto il materiale organico e nel mese di marzo/aprile è pronto un terreno con un buono strato di humus.
La cultura di tutti gli ortaggi che crescono sotto terra (carote, barbabietole, ravanelli, patate) avviene in cassoni in cui è stata modificata la composizione della terra aggiungendo della sabbia di fiume per renderla più friabile e meno pesante. Non mancano gli animali nel Podere Arduino, oltre ai cani, l’azienda ospita galline, capre e pecore. Oltre a produrre uova e latte per i formaggi, sono una grande risorsa per il terreno, infatti grazie al loro pascolo si favorisce il sequestro del carbonio lavorando delicatamente la terra al posto dell’azione distruttiva dell’aratro, un vero e proprio strumento rigenerativo della terra.
Dento uno dei due container c’è lo Shop aziendale, dove è possibile acquistare il raccolto del giorno, vini, marmellate, conserve, salse, giardiniere (le materie prime sono sempre del Podere) e prodotti di artigianato. Ma non è finita. Trovi anche l’ottimo olio monovarietale del Podere Arduino Bolgheri.
Poche ma ottime regole: frangitura entro quattro ore dalla caduta dell’oliva, trattamento singolare e unico per ogni tipo di cultivar. Olio 100% biologico, in tutte le varietà: l’Ardito, monocultivar Frantoio; il Nilo, monocultivar Moraiolo e il Sincero, monocultivar Leccino. Interessante la collaborazione con il brand SUPERDUPER per celebrarne i dieci anni di attività. E’ stata realizzata una capsule collection di cappelli con tinture naturali realizzate con gli ortaggi del podere: la cipolla, la barbabietola rossa ed il guado.
Descrivere l’esperienza del ristorante Osteria Ancestrale non è facile con il solo uso delle parole. Ci sono gesti, sapori, attenzioni che occorre solo provare dal vivo. Se mi permettete a tavola non si può parlare di una sola Toscana ma di più Toscane. Spesso le cucine di ristoranti e trattorie riproducono l’immagine di una regione che viene cristallizzata nell’immaginario collettivo in una unitarietà mitizzata: bistecca, patè di fegatini, pici, ribollita ecc.. Certo è anche questa la Toscana ma nella realtà è caratterizzata da una varietà di situazioni e di ambienti che ne fanno uno spazio complesso e variegato, ed è questo il caso dell’Osteria Ancestrale del Podere Arduino.
Il territorio è la fonte primaria d’ispirazione. Una cucina esclusivamente vegetariana che segue le leggi della stagionalità e della territorialità, dove tutti gli ingredienti arrivano dai propri campi e presto anche dagli animali, dove i panificati vengono realizzati con lieviti madre tramandati da generazioni.
L’antica teoria dei quattro elementi naturali, secondo cui trae origine ogni sostanza di cui è composta la materia, al Podere Arduino prende forma. Dopo Terra, Acqua, Aria a chiusura arriva il Fuoco, il punto di forza della cucina di Osteria Ancestrale. Il divieto di effettuare alcun tipo di allaccio elettrico sulla via Bolgherese da handicap si è trasformato in punto di forza.
Lo chef Fabrizio Bartoli cuoce le sue preparazioni alla brace, alla plancha (si ottengono verdure succulente dalla duplice consistenza), alla griglia (cotture forti e decise che portano ad un forte contrasto tra la pelle arrostita cotta direttamente dalla fiamma e l’interno simile al suo stato naturale). Non mancano le tecniche dell’affumicatura, dell’essiccazione e le particolari cotture con l’argilla. Qui l’amore per la natura si esprime nella consapevolezza e nel rispetto, dalla terra alla griglia. Sapori autentici, colori unici e brillanti. Un cerchio vitale che parte dalla terra, passa dalla raccolta, e finisce nei piatti di Osteria Ancestrale con rispetto e consapevolezza.
Questo è il luogo dove la natura ha ripreso i suoi tempi. “I nostri piatti nascono dalla materia prima. Un po’ come una volta, cuciniamo quello che la terra ci dà in quel preciso periodo dell’anno, stagione dopo stagione”.
I piatti di Osteria Ancestrale raccontano di posti e culture lontani, dei numerosi ricordi di viaggi di Martina e Fabrizio ed ecco in degustazione piatti come “L’Oro nel pollaio” (crema di patate novelle al profumo di bosco, micro-ortaggi alla plancha, erbe aromatiche, cipollotto croccante e tuorlo d’uovo di giornata affumicato all’olivo);
il “Risotto e Aromatiche” (riso acquerello invecchiato 7 anni, brodo di erbe aromatiche fresche, limone fermentato, polveri di aglio nero, carota, barbabietola e maggiorana);
la “Dama di zucca”(cappellacci con sfoglia al tuorlo e cacao ripieni di zucca Hokkaido, tartufo estivo, brodo di funghi);
il dessert “Pane e Olio” con gelato al pane e olio EVO.
Le coltivazioni ed una precisa cultura del cibo sono presenti in ogni piatto, dal primo all’ultimo. Ogni piatto è stato modificato, arricchito, alleggerito ed affinato per una cucina che definirla contadina sarebbe alquanto riduttivo. Osteria Ancestrale regala una vertigine di sapori, intensi, inebrianti, delicati ma più spesso decisi, alcuni non facili ma destinati a rimanere impressi nella memoria del mio viaggio gustativo in terra di Bolgheri.
p.s.
Il ristorante Osteria Ancestrale è solo all’esterno, pertanto resterà chiuso da ottobre con riapertura nel mese di aprile.