“Da bambina ho sempre pensato che avrei scritto. La mia maestra delle elementari, un giorno mi ha detto: Tu da grande, scriverai un Harmony. Beh, ci è andata vicina”.
Il mondo sarebbe davvero noioso e piatto se non ci fossero persone dotate di grande estro e fantasia. Mi ritengo fortunato perché mi capita di incontrarne tante forse perché esiste una strana alchimia, o chiamiamolo magnetismo, che riesce a metterti in contatto con persone che hanno qualcosa che forse “appartiene” anche al tuo vissuto.
Sicuramente una di queste è Erica Vagliengo meglio conosciuta al pubblico come Emma Travet. Giornalista pubblicista, capo redattrice del mensile free press Lookout magazine, autrice del fortunato romanzo “Voglio scrivere per Vanity Fair” (ed.Memori) .
Non penso che Emma sia un alter ego di Erica. Sono la stessa persona o meglio Emma è una parte di Erica che vuole vivere una vita autonoma, perché nell’io di Erica c’è “talmente tanto” che una sola Erica non basta. Sono eccessivo? Penso di no, e forse anche voi amici leggendo giungerete alla mia stessa conclusione.
Trovo molto affascinante e curiosa questa intervista perché Erica mi parla con due voci diverse, la sua e quella di Emma.
Piccola chicca: Erica adora Jane Austen, quindi non può non essere speciale!
Erica nasce il 4 gennaio del 77’ frequenta il liceo linguistico e si laurea in economia e gestione dei servizi turistici; Emma invece nasce il 7 settembre 82’ frequenta anche lei il liceo linguistico ma si laurea in scienze della comunicazione.
Erica a 20 anni ha svolto i lavori più disparati, dalla cameriera alla standista, dalla babysitter alle ripetizioni private. Lavora come ufficio stampa per una fondazione artistica di Torino, poi intorno ai 25 anni per un ente pubblico come consulente su progetti finanziati dall’Unione Europea per eventi artistico-musicali.
“Sono stata in un’agenzia di grafica e comunicazione, scrivendo due giornali (Oui magazine e Lookout magazine, di cui sono ancora capo redattrice), curando anche l’ufficio stampa e facendo saltuariamente la copy. Al momento ho un lavoro molto interessante, in una società mista pubblico-privata, che coordina, in un’area ben definita, un progetto di valorizzazione di un territorio, coinvolgendo enti pubblici, aziende private ed associazioni, e, nel tempo libero collaboro come giornalista con alcune testate”.
Il suo lavoro la impegna alternativamente mattino o pomeriggio. Nel tempo libero ci occupa delle quotidianità come fare la spesa, riordinare casa e trascorre alcuni pomeriggi in un bar del centro fornito di wi fi, per poter scrivere il seguito del suo romanzo, rispondere alle interviste, aggiornare fb e il suo blog. Gli amici occupano un posto importantissimo nella sua vita, subito dopo la famiglia, “una volta a settimana cerco di andare a Torino, per vedere amiche, mostre, cercare nuovi trends, fare interviste. Nei week end, il sabato mattina caffè in centro, poi giro al negozietto vintage di fiducia. La domenica, in teoria, mi dovrei riposare, ma in pratica la passo quasi sempre a scrivere. Diciamo che è difficile che stia un giorno senza prendere appunti, leggere o scrivere”.
Che rapporto hai con l’arte?
“Da bambina i miei mi portavano a visitare le città d’arte italiane, ed io odiavo ciò. Poi, a tredici anni, in vacanza con amici di famiglia, mi sono trovata nel museo-teatro di Salvator Dalì, a Figuere. E’ stato uno shock, ma da quel momento ho iniziato ad essere attratta dall’arte in generale, dai musei, dalle chiese, dalle mostre-evento, dalle rassegne d’arte contemporanea e altro. Nonostante sia anni che segua l’arte, ho ancora delle perplessità ma non posso fare a meno di subirne il fascino”.
Mi racconti come nasce il tuo romanzo?
“Nel 2005 ho pensato che era tempo di scrivere quel libro che avevo in testa da un po’. Ho iniziato così a prendere appunti su dei post-it gialli, per circa due anni. Poi, nel settembre 2007, l’ho scritto in 17 giorni (la prima stesura), e successivamente inviato a 33 case editrici. Quando mi ha contattato la Memori di Roma, a maggio del 2009, mi sono presa un mese per riscriverlo interamente, insieme alla mia editor, Nicoletta Fabrizio”.
Nel frattempo ha portato avanti il progetto emmat, usando i social network per farsi conoscere e promuoversi: su myspace ha pubblicato i primi due capitoli e tutte le foto del merchandising (spille, sticker, specchietti da borsetta e portachiavi), che ha ideato e realizzata concretamente grazie a Marta Grossi, una cara amica grafica. Poi ha aperto il blog su style.it ed a seguire l’account su facebook, friend feed e linkedin.
“Ho iniziato, così, prima ancora che sulla carta, a far vivere il mondo della mia protagonista, Emma Travet, postando le foto dei suoi accessori, raccontando le sue avventure su internet, e, in contemporanea, pubblicando le foto degli sticker appiccicati in giro per il mondo e le foto delle mostre ed eventi alle quali avevo partecipato”.
Dopo la pubblicazione del libro Emma ha organizzato diverse presentazioni in molte città ed attualmente partecipa ad eventi in linea con il suo progetto. “Ho avuto anche la fortuna di essere invitata al Festival Internazionale del giornalismo di Perugia, e all’incontro nazionale dei giovani imprenditori. Come vedi, il mio motto potrebbe essere “Aiutati e-spera-che il Ciel ti aiuti”, oltre a “Se vuoi qualcosa, vattela a prendere”. Vorrei sottolineare, però, che è vero, io sono l’ideatrice del progetto ed ho scritto il romanzo, ma ho avuto la chance di incontrare lungo il mio percorso le persone giuste, che hanno creduto in me e mi hanno aiutato, con le loro idee, professionalità, entusiasmo. Quindi il “progetto emmat” è anche un poco loro”.
Cos’è per te l’eleganza?
“Un modo innato, di esprimere, con intelligenza, il proprio stile. L’eleganza non si compra: o ce l’hai o non ce l’hai”.
Qual è il capo o accessorio fondamentale per un uomo e per una donna?
“La camicia per un uomo e la borsa per una donna, naturalmente anche per me”.
Emma c’è una persona della tua famiglia alla quale sei legata?
“Si. Mia nonna Olga Dionigia diventata anche un personaggio del mio romanzo. La sua vita, non certo facile, è l’esempio di come occorra contare sulle proprie forze, sempre, senza mollare mai. Dalla mia famiglia ho imparato questo insegnamento: Mai sentirmi arrivata, ogni giorno è buono per imparare qualcosa di nuovo”.
Cos’è per te la bellezza?
“Un dono”.
Esiste una città in cui ti piacerebbe vivere?
“New York City. Ci sono stata tre volte. Da ventenne avrei voluto viverci. Adesso sto bene dove abito, nella ridente cittadina, a misura d’uomo, a 40 km da Torino, una città affascinante, effervescente, storica, elegante, dove ho parecchie amiche. Ma mi piacerebbe avere un appoggio a NY, per poterci andare di tanto in tanto, per respirare quell’aria di libertà, fame di futuro, new ideas, che manca un po’ in Italia. Ci sono stata l’anno scorso: in una settimana ho messo insieme molte connections, utili per il mio libro e per la mia passione del giornalismo. Quindi, vorrei ritornarci presto”.
Sono certo che tu ed Emma avete delle passioni comuni.
“Si, amiamo le borsette. Meglio se trovate nei mercatini delle pulci, accessori e abiti vintage, l’arte contemporanea, andare per negozietti dove si scoprono i nuovi trends, leggere. E poi…mai uscire di casa senza il mascara, lo porto dietro anche quando vado a camminare in alta montagna”.
Eccoci arrivati alla domanda di rito, hai un sogno?
“Cerco di non averne, ma di trasformarli in obiettivi, così è più facile raggiungerli. Ma ne ho diversi: riuscire a pubblicare il mio romanzo in american-english negli States, in versione cartacea (al momento è su Amazon.com); pubblicare il seguito nel 2012; curare un’intervista per Vanity Fair; acquistarmi una Pekaboo color ginger o una Miu Miu con i soldi ricavati dallo scrivere”.
Ciao Erica, ciao Emma, vi ringrazio per il divertente pomeriggio trascorso insieme, ed aspettiamo con trepidazione il seguito del romanzo.
Per le foto pubblicate si ringrazia: Angela Grossi, Massimo Milanese, Gioia Corazza.
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