Una mattina ti alzi e…lo specchio ti fa la linguaccia. Già, troppa ciccia fa tenerezza ma non è bella, meglio un look sofisticato da musa esistenzialista con decolletè ai piedi, oppure un bel tailleur Armani capace di regalare stile e ricercatezza. Arisa adesso è così: snob…non più di tanto, coi suoi 55 kg, di peso e senza occhiali per …rendere tutto più leggero!
A Sanremo il brano “La notte” si è piazzato secondo:ecco a noi la vincitrice seppur morale del Festival. Però ha paura della felicità: “se è troppa può sussurrare qualcosa di non troppo bello, bisogna far le corna!”
La creatura è un misto di tenerezza, dolcezza, con punte d’arroganza e maliziosità, specie quando ti punta quegli occhietti scuri e…ti fulmina. “Lo sapete che di me dicevano che so cantare? Bene, avevano ragione!”
Alla libreria Feltrinelli è venuta per presentare il suo libro, “Il Paradiso non è un granchè”: “l’ho scritto perché mi piaceva farlo, perché hanno visto che …evidentemente anche con la penna ci so fare, e poi anche per soldi: devo essere ipocrita?”
Il folto pubblico applaude; c’è chi è andato due ore prima per prendere posto ‘davanti’. Gli chiedono ancora della sua bellissima canzone: “L’inizio parla della sofferenza di un amore, però, poco a poco, arrivano spiragli di luce che ti fanno meditare e capire. In un rapporto possono succedere cose brutte, profonde, macigni che ti porti dentro. Ad un certo punto scoppi, non ce la fai più. Anche perché seguono cattiverie, recriminazioni…non bisogna dare mai niente per scontato, quando ami non puoi fare tutto quello che vuoi: l’amore è anche rispetto.”
Eccola finalmente! Si è svelata con note di profonda dolcezza che le pervadevano il bel faccino. Prosegue parlando delle sue insicurezze: “non potrei non andare in analisi, è fondamentale;ho buoni sentimenti ma sono confusa, debbo confrontarmi continuamente nella scissione tra buoni e cattivi. Penso…che ognuno di noi viva dei conflitti da ordinare. Sono ipersensibile, questo è bello, amplia non poco le emozioni piacevoli, però troppa delicatezza può anche torturare in questo mondo di artigli.” Arriva un amico che la interrompe. “Arisa…Arisa, amica mia! Che bello parlare di analisi con te!” Inizia con una sequela di parole (anche scombinate) sull’importanza di farci ispezionare!!!! in un gioco balbuziente e affettuoso. Peccato che i tre minuti concessi diventano dieci, dodici…è quasi obbligo fermarlo.
Lei, è seduta composta; osserva che crede molto in quello che fa e che come tutti gli esseri mortali…si stanca. Se gli parli della sua Lucania si illumina. “Terra bellissima e feconda che partorisce gente come noi.”
Gente come noi: ma non era di Spagna? Boh. Guardandola intensamente vedi qualcosa di ascetico…gli occhi raccontano molto. Non è uno sguardo superficiale ma ricco di contenuti. E lei ci gioca sopra, usa l’arma dell’ironia per spiazzare tutti.
Qualcuno sussurra che lei lavora con la sua bellezza seppur con modestia.
Le donne…valle a capì!
Arisa scappa anche perché ha l’influenza: “pista, altrimenti ve l’attacco!”
Un ragazzo gli fa una domanda al volo mentre lei imbuca la porta: qualcosa su Sanremo, Morandi, Belen…”Ancora con questa storia della farfalla…se fossi come lei l’avrei indossata pure io la farfallina! Scusa ma ….? ma non lo sai che è dalla patata al collo che parte tutto!”
Saggezza del sud. Della Basilicata ovviamente.
Carla Cavicchini
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